Un’importante pronuncia della Commissione Tributaria della Puglia, alla luce soprattutto del complesso periodo che stiamo vivendo, legittima i proprietari immobiliari ad uso commerciale a non pagare l'irpef, qualora riescano a dimostrare la morosità dell'inquilino o del conduttore.
Proprio la Commissione Tributaria della Puglia, boccia la tesi del Fisco secondo cui le imposte si pagano fino a fine processo per la morosità del conduttore.
A decorrere dalla data in cui si è reso definitivo l’inadempimento del conduttore, il locatore di un immobile commerciale non è più tenuto a pagare le imposte dirette sui canoni di locazione non percepiti.
In base al principio costituzionale di capacità contributiva infatti, le imposte devono essere pagate sulla effettiva ricchezza del contribuente.
Perciò, a decorrere dall’anno di imposta in cui è stata resa l’ordinanza di convalida dello sfratto per morosità, è legittima l’eventuale presentazione da parte del locatore di una nuova dichiarazione dei redditi (integrativa) che, ai fini della determinazione della imposta dovuta, riporti soltanto il valore catastale dell’immobile commerciale al posto dei canoni di locazione non percepiti.
Sono queste le conclusioni a cui è giunta la Ctr Puglia con sentenza 63/4/2021, pronunciatasi sul recupero a tassazione dei canoni di locazione di immobili commerciali non percepiti dal locatore per morosità del conduttore.
La pronuncia trae origine da un avviso di accertamento con cui il Centro operativo di Pescara dell’agenzia delle Entrate recuperava nei confronti di una contribuente maggiore Irpef e relative addizionali su canoni di locazione di un immobile commerciale.
In ragione della mancata ricezione dei canoni di locazione e dello sfratto per morosità nei confronti del conduttore, convalidato con apposita ordinanza del Tribunale, la contribuente impugnava l’atto impositivo dinanzi alla Ctp di Taranto che, nell’accogliere le contestazioni, con sentenza 497/03/2017, lo annullava.
Contro questa sentenza, la direzione provinciale di Taranto delle Entrate proponeva appello dinanzi alla Ctr Puglia, eccependo peraltro la violazione da parte del giudice di primo grado dell’articolo 26 del Dpr 917/86 e l’errata applicazione di principi affermati dalla Corte di cassazione.
Si ricorda, infatti, che a norma dell’articolo 26, comma 1, primo periodo del Dpr 917/86 e come affermato da numerose sentenze di legittimità, il reddito degli immobili locati per fini diversi da quello abitativo, è individuato in relazione al reddito locativo fino a quando risulta in vita un contratto di locazione, con la conseguenza che anche i canoni non percepiti per morosità costituiscono reddito tassabile, dal momento che il criterio di imputazione di tale reddito è costituito dalla titolarità del diritto reale, a prescindere dalla sua effettiva percezione.
Sebbene consapevoli dell’esistenza di alcune pronunce di legittimità (sentenze di Cassazione n. 651/2012 e n. 11158/2013) secondo cui, in assenza di un procedimento giurisdizionale concluso, il canone di locazione vada comunque dichiarato ancorché non ancora percepito, i giudici regionali pugliesi hanno ritenuto di dovere aderire al principio costituzionale secondo cui il carico fiscale deve essere ragguagliato alla “Capacità Contributiva”, cioè alla effettiva ricchezza a disposizione del contribuente.
Pertanto, la Ctr Puglia ha rigettato l’appello dell’Agenzia e, per gli effetti, ha ritenuto legittima la presentazione da parte del locatore di una nuova dichiarazione dei redditi integrativa a favore riportante, ai fini del calcolo della imposta dovuta, il valore catastale dell’immobile commerciale in luogo dei canoni di locazione non pagati.