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Il Diritto di Prelazione per gli Appartamenti ad uso abitativo

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Nel corso della nostra attività, capita spesso che ci siano periodi in cui ci vengono poste tante domande relative allo stesso argomento in tempi brevissimi.

E' il segno di come un argomento sia particolarmente "caldo".   

Abbiamo trattato più volte il vastissimo tema della Prelazione nel settore immobiliare e cioè il diritto di qualcuno che abbia le giuste caratteristiche per essere preferito ad altri nella conclusione di un determinato negozio giuridico.

Questa è la volta della questione relativa al Diritto di Prelazione a favore dell’inquilino di immobile ad uso residenziale, il classico appartamento condotto in locazione da una famiglia, per intenderci.

Legge 431/98 

Alla lettera g) dell'art. 3 della L. 431 del 1998, è stata introdotta una variazione importante rispetto alla precedente legge sulle locazioni, la L. 392/78 (conosciuta anche come legge sull’equo canone), che consentiva la prelazione solo ai conduttori di immobili ad uso NON residenziale.

Ha consentito quindi, anche all’inquilino di immobili residenziali, di poter esercitare il proprio diritto di prelazione, in determinate circostanze, nel caso in cui il proprietario dovesse decidere di vendere l’appartamento locato.

Quali sono queste Circostanze

Nella locazione a uso abitativo, la prelazione dell’inquilino spetta solo se il proprietario intenda vendere l’immobile alla Prima Scadenza del contratto.

Oltre questo momento il diritto di prelazione non è più giuridicamente applicabile.

Di conseguenza, nella locazione abitativa a canone libero, il diritto di prelazione spetta solo se la vendita interviene al termine dei primi quattro anni, mentre in quella a canone concordato (generalmente 3+2) dopo i primi tre anni.

Al conduttore spetta il diritto di prelazione sull’immobile locato qualora non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione ed il locatore/proprietario intenda, sempre alla prima scadenza contrattuale, venderlo a terzi.

Quali sono i casi in cui NON può essere esercitata la Prelazione

Il diritto di prelazione a favore dell’inquilino non spetta in caso di:

1. vendita dell’immobile in un momento successivo alla prima scadenza contrattuale;

2. trasferimento dell’immobile al coniuge o ai suoi parenti entro il secondo grado o quando è presente un coerede che intende alienare la sua quota di eredità o parte di essa e nella quota stessa è compresa la locazione immobiliare: in tal caso infatti il diritto di prelazione spetta ai coeredi;

3. donazione dell’immobile;

4. assegnazione dell’immobile ad una società;

5. trasferimenti non volontari (ad esempio vendite forzate ed espropriazioni);

6. locazione dell’immobile ad un altro inquilino alla scadenza del contratto;

7. vendita in blocco di tutto l’edificio in cui si trova l’immobile in oggetto;

8. vendita a terzi di una quota di immobile (quando una porzione di tale immobile sia oggetto di locazione commerciale).

Come funziona la Prelazione 

Le procedure relative all’esercizio del Diritto di Prelazione sono le stesse sia in caso di locazione residenziale sia nel caso di quella non residenziale.

Il locatore ha l’obbligo di comunicare al conduttore l’intenzione di vendere l’immobile e deve indicare il prezzo e le altre condizioni del trasferimento.

Il conduttore non può revocare o modificare le condizioni inserite nella comunicazione entro il termine concessogli per l’esercizio della Prelazione ed ha 60 giorni dalla ricezione della stessa comunicazione per informare il locatore della propria intenzione di esercitarla. 

Dovrà offrire condizioni uguali rispetto a quelle comunicategli.

Il conduttore, esercitando il diritto di prelazione, può quindi solo decidere se acquistare o meno l’appartamento senza possibilità di modificare il contenuto del contratto già predeterminato dal proprietario.

Se l’inquilino intende esercitare la prelazione, deve pagare il prezzo entro i 30 giorni decorrenti dal 60° giorno successivo a quello dell’avvenuta notificazione della comunicazione del locatore.

Se, fatti salvi i limiti precedentemente indicati, il locatore non comunica all’inquilino l’intenzione di vendere l’immobile e vende il bene a terzi oppure se comunica un corrispettivo superiore a quello che sarà poi definito in sede di contratto col terzo proponente o convenendo con questi delle condizioni più vantaggiose, il conduttore può, entro sei mesi dalla trascrizione del contratto stipulato tra il locatore e il terzo, chiedere il riscatto dell’immobile illegittimamente trasferito.

Pertanto, può acquistarne così la proprietà pagando il prezzo effettivamente corrisposto dal terzo.

Come Comunicare la Prelazione e la sua accettazione

La L. 392/78 (la prima in cui si parlava di Prelazione), indicava senza alternative che vi fosse un solo modo per comunicare le proprie intenzioni nell’ambito della prelazione, sia da parte del Locatore, sia del Conduttore per l’informazione e per la risposta: quello di affidarsi all’ufficiale giudiziario.

Un adempimento piuttosto gravoso e impegnativo, non solo per la spesa da sostenere, quanto per la necessità di doversi recare presso gli ufficiali giudiziari presenti solamente nelle città sedi di un tribunale e per i tempi derivanti da detta procedura.

Per fortuna, nel corso degli anni, è intervenuta la giurisprudenza che con la sentenza della Cassazione n. 12689 del 27 novembre 1991, ha stabilito la piena equipollenza della raccomandata A.R. e da qualche anno della pec (nei limiti del corretto utilizzo della stessa), con la notificazione eseguita dall’ufficiale giudiziario.

E’ quindi consentito affidarsi a strumenti diversi che garantiscano la prova legale dell’invio e della ricezione delle proprie comunicazioni e la certezza delle date relative.

Vale la pena ricordare come la raccomandata si considera ricevuta, secondo la giurisprudenza al momento dominante (Cass. n. 23396/17 del 6 ottobre 2017), dal momento del ritiro ovvero dell’immissione dell’avviso nella cassetta delle lettere e da qui decorre il predetto termine di 60 giorni, senza che rilevi il decorso dei 10 giorni che invece vale nel caso di atti giudiziari.

Come sempre, i temi legati alla giurisprudenza immobiliare sono particolarmente complessi e impegnativi.

Un comportamento superficiale o un errore sia pur in buona fede, possono avere conseguenze molto spiacevoli.

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