Nell’articolo della scorsa settimana, abbiamo già anticipato che il prossimo 24 gennaio sarà votata la direttiva UE EPBD per l’applicazione del pacchetto della politica ambientale denominata “Fit for 55”, che punta ad una prima riduzione del 55% della Co2 in tutta Europa entro il 2030.
Le reazioni dei nostri lettori e quelli dell’opinione pubblica in generale sono state molto forti, nel timore che questa direttiva possa impattare in maniera pesante sulle tasche degli Italiani, già non propriamente floride in questo periodo.
Cerchiamo allora di capire cosa potrà realmente succedere, anche con l’ausilio di un interessante analisi che il Corriere della Sera ha pubblicato rispetto ai potenziali costi ai quali potremo andare incontro.
Le caratteristiche della Direttiva
La direttiva Ue attualmente in discussione, richiede di portare gli immobili almeno alla classe energetica D entro il 2033, con un transito alla classe minima E entro il 2030.
Ricordiamo che Il monitoraggio Enea-CTI, relativo agli attestati di prestazione energetica (Ape) emessi in tutta Italia nel 2020, evidenzia come oltre il 75% degli attestati si riferisca a immobili ricadenti nelle classi energetiche meno efficienti E, F, G.
Cosa bisogna fare
Per aumentare l’efficienza di un immobile e migliorare almeno due classi energetiche (ma per arrivare alla D potrebbero non bastare), gli interventi possibili sono 4, tra lavori cosiddetti trainanti e trainati:
1. Il cappotto termico che incapsuli e isoli termicamente l’edificio;
2. una nuova e più efficiente caldaia;
3. la sostituzione degli infissi;
4. l’installazione dell’impianto fotovoltaico.
Come appena scritto però, solo una piccola parte degli immobili nel nostro Paese sarebbe già in regola con la direttiva UE.
Per tutti gli altri si dovrebbe intervenire pesantemente e soprattutto si avrebbero investimenti in gran parte insostenibili per famiglie ed imprese.
I Costi da sostenere
Vediamo allora quali sarebbero i costi per singolo intervento, rifacendoci anche alla tabelle per i limiti di spesa relativi al Superbonus, basato sulle attuali tariffe applicate per l’efficientamento energetico.
Non è certo possibile calcolare in maniera esatta l’importo complessivo di una riqualificazione su scala nazionale ma, partendo proprio dai costi ufficiali del superbonus (62,5 miliardi di € al 31 dicembre 2022), si può tentare di individuare almeno l’ordine di grandezza della spesa.
I Numeri ufficiali
I dati Enea aggiornati al 31 dicembre scorso, ci dicono che hanno chiesto l’agevolazione 208.622 proprietari di edifici unifamiliari, per una spesa totale di 23,7 miliardi di € e un esborso medio di 113.757 €; 102.725 proprietari di unità funzionalmente indipendenti, per un importo totale di 10 miliardi di € e una spesa di 97.009 € per edificio; infine 48.047 condomìni (un edificio con un minimo di due unità immobiliari con proprietari distinti), con un totale di 28,8 miliardi e spesa media di 598.813 €.
Per le case autonome una spesa di 105mila €
Secondo le stime di Ance (Associazione Nazionale Costruttori), che comunque si allineano ai dati di Enea sulle certificazioni energetiche effettuate negli ultimi sei anni, i due terzi degli edifici italiani, costruiti prima dell’entrata in vigore delle norme più stringenti in fatto di consumi energetici entrate in vigore nel 1974, avrebbero bisogno di importanti interventi strutturali per arrivare a rispettare la direttiva Ue per come si prospetta.
Di 12,2 milioni di edifici presenti in Italia, 6,3 milioni sono autonomi e i due terzi su cui sarebbe necessario intervenire arriverebbero a 4,2 milioni.
Calcolando 105mila € per edificio (media tra case autonome e funzionalmente indipendenti come definite dalle norme sul superbonus) e considerando che di questi 4,2 milioni di abitazioni 311mila circa hanno già provveduto, la spesa teorica sarebbe di 105mila x 3,9 milioni, che dà un totale di 409,5 miliardi di €.
Per ogni Condominio una spesa media di circa 600mila € e 100mila € per ogni Appartamento
I condomìni interessati sarebbero in totale circa 4 milioni.
Considerando, come visto in precedenza, i 599mila € a singolo condominio per 4 milioni, risulta una spesa complessiva di poco meno di 2.400 miliardi di €.
Quindi tra condomini e casa autonome, si tratta di oltre 2.800 miliardi di €, ai quali andrebbero aggiunti anche i costi per gli edifici non residenziali privati e pubblici.
Poiché, in media, si possono calcolare 6 abitazioni per condominio, l’adeguamento green costerebbe circa 100mila € ad appartamento.
Nel complesso, l'incredibile ammontare di un intero anno di PIL nazionale!
Qualcuno ha riflettuto sugli impegni?
A fronte dei numeri riportati, a Bruxelles si saranno resi conto che i costi paventati non sono accettabili? E come (e dove) potrebbero esere reperiti i denari necessari a queste incredibili spese a carico dei Cittadini?
In un’intervista al Sole 24 Ore, il relatore della proposta, l’irlandese Ciàran Cuffe, prova a mitigare il problema precisando che: "saranno i governi nazionali a decidere come dare pratica attuazione alla direttiva", precisando che ci sarà un primo step riguardante il 15% del parco immobiliare in classe G, di fatto scaricando ogni responsabilità sui singoli stati dell'Unione.
Ma anche così si penalizzerebbe una gran parte degli Italiani, sopratutto appartenenti alle fascie più deboli, costringendoli a spese insostenibili e francamente poco giustificabili anche se pensate per perseguire il nobile fine della tutela ambientale.
Inutile dire che l’argomento è caldissimo e sicuramente avremo modi di continuare ad informarvi nei prossimi articoli non appena arriveranno le novità che tutti attendiamo (o temiamo).
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